"Break" di Joanna Crone. SOPRA: effettivamente installato in Biennale su sabbia. Foto ufficiale sul catalogo, sulla copertina del catalogo e sull'invito. SOTTO: installato su pastrelle. Foto misteriosamente pervenuta e pubblicata dal fedele Venerdì (di Repubblica). E' sempre benvenuto e pubblicato qualsiasi chiarimento. |
Il
Venerdì della Repubblica dedica due pagine alla Fiber
Art con un pezzo su "Trame d'Autore". Anche se questo evento è rubricato in
"Weekend", piuttosto che in sezione "Cultura",
di per sé è una bella notizia. E' pure positivo
che la giornalista (Rossella Sleiter) ci annunci con penna giuliva
che "queste opere d'arte stanno conquistando il mercato
italiano, più lento di quello americano, tedesco e francese
ma in crescita". E inoltre: "la fiber art è
ancora a portata di collezionismo, il valore medio delle opere
ruota intornoai 1.500 Euro". Seguono specifici consigli
di acquisto, accompagnati da immagini. Alcune foto non appaiono
corrispondenti né al catalogo ufficiale né all'effettiva
installazione di Chieri. Perciò queste foto devono provenire
da amici... se non addirittura (ma speriamo di no) da una arbitraria
pre-selezione fornita dallo stesso Ufficio Stampa della Biennale.
Del resto, si era già resa nota qualche preferenza nella
cura di questa Biennale (vedi in Tessimilia:
Non
si tratta così la Fiber Art). E' semmai più interessante questa attestazione mediatica di un fenomeno "Art Wear", arte da indossare che sarebbe cominciata con le avanguardie del Novecento via Bauhaus, Futurismo, Sonia Delaunay e Giacomo Balla. E' così volgarizzata, in senso buono (cioè raccontata ai lettori di un magazine) la tesi già espressa in catalogo dalla Nota curatrice della mostra "Trame d'Autore". Una tesi peraltro, abbastanza vicina a quelle già formulate dal critico Giandomenico Semeraro (vedi in Tessimilia: La stoffa del pittore). Si rileva che la Nota esprime questa tesi storica non tanto nella sua presentazione della Biennale ma soltanto in coda al catalogo, nella Sezione Didattica, dedicata all'Istituto d'Arte per la Moda e Costume Aldo Passoni di Torino, il cui archivio storico potrebbe assurgere all'invidiabile stato di Museo della Art Wear... tanto più che sarebbe anche omonimo di quell'Aldo Passoni già direttore della Galleria d'Arte Moderna di Torino (rievocato, sempre in catalogo da Mila Pistoi, Preside del sempre omonimo istituto). Così, il termine apparentemente inglese di "Art Wear" potrà affermarsi oltre che criticamente e mediaticamente, anche istituzionalmente. Dico che "Art Wear" è formalmente è un neologismo nostrano perché, a livello internazionale si è sempre detto e scritto "art-to-wear" o "wearable art". "Wearable Art" viene usato pure dalla Nota (e fedelmente riportato dal Venerdì) come sinonimo di "art wear". Anche il termine "Artist Weaver" (sempre in Nota e Venerdì) appare un assoluto neologismo ma al critico sia sempre concesso di inventarsi parole. E persino in inglese, perché no? Qui piuttosto, c'è un problema di sostanza. "Wearable Art" o, se vogliamo, "Art Wear", è un termine piuttosto controverso, altrettanto e forse più di Fiber Art (per cui vedi in Tessimilia: Ma cos'è l'arte tessile? e "Miniartextil" Como 2001 e ancora: Non si tratta così la Fiber Art). Infatti Textile Forum dedica il suo ultimo fascicolo (2/2002) appunto alla "wearable art", fenomeno che fa risalire all'"Art-To-Wear Movement", emerso negli USA negli anni '60 tra i mitici figli dei fiori, poi affermatosi artisticamente (e commercialmente) a partire dai '70. Textile Forum rivendica come propria origine proprio questo "art-to-wear movement"... forse con qualche ritardo cronologico dato che la rivista, sta qui celebrando solamente il suo primo ventennio. Seguono i consueti consigli di acquisto: riedizione del volume "Art-To-Wear", scritto nel 1986 da Julie Schafter Dale, gallerista In New York (Madison Avenue) dal 1972. Inoltre: "The Fiberarts Book of Wearable Art", appena pubblicato da Katherine Duncan Aymone. Questo libro cataloga esclusivamente artisti Nordamericani, e delinea una storia dove gioca un ruolo decisivo l'American Craft Museum, con la prima mostra del 1983 e successive fiere. Poi dal Craft (artigianato) si finisce nell'Art, citando estesamente le più rinomate gallerie di "wearable art" oggi attive negli USA. Insomma, l'identico termine "wearable art" (con i suoi più o meno validi sinonimi) funziona teoricamente e praticamente in due campi totalmente differenti. Infatti, in Italia sembra che parta dai critici, che ricercano origini nelle belle arti e tendono a un Museo di belle arti (a meno che il fedele Venerdì non preluda a benefici exploit commerciali). In America invece, Art-To-Wear parte dai fricchettoni, trova un museo dell'artigianato che le organizza mostre e fiere e arriva in gallerie che pensano a vendere (anche Museo e Galleria, hanno significati diversi in italia e in America. Tutte queste differenze non sono novità. D'altra parte, qui il ruolo dei fricchettoni fu già segnalato pure in Italia, almeno da Piero Simondo come "Movimento del Tricotaggio (in "Le Trame di Martha", catalogo Trame d'Autore 1998). Poi sono indubbiamente i mercatini sgarrupati che hanno aperto la strada alle Biennali. Comunque sia andata qui la Storia dell'Art Wear, almeno mi pare incredibile che nessuno si occupi di ricordare che l'arte di vestirsi, comunque la si voglia chiamare, non è nata davvero in Europa negli anni '20 in Europa o negli anni '60 in America. Questa arte cominciò quando ci infilammo la prima penna in testa (o era un fiore, non ricordo troppo bene). Dopo di che, non abbiamo fatto altro che fabbricare, installare o performare "wearable art". Molti furono i semplici copisti,altri cretori di capolavori assoluti, altri ancora continuano a crearli ma nessuno gli dà mai dell'artista. Purtroppo, o per fortuna, non tutti siamo bianchi e occidentali... Luciano Ghersi, 14 giugno 2002 |
3a Biennale di Fiber Art "Trame d'Autore". "60 artists weavers provenienti da tutto il mondo. Arazzi, sculture e oggetti tessili, installazioni, art wear (arte da indossare)". Chieri. 25 maggio - 7 luglio. Imbiancheria del Vajro, Ven-Sab. ore 16.00-19.00, Dom. ore 10.00-13.00 e 16.00-19.00. Biglietto 2 Eu, catalogo 22 Eu. Palazzo Opesso: collezione Civica di Fiber Art e mostra didattica "Abiti di Classe" dell'Istituto d'Arte "Passoni" di Torino, integrata con pezzi dell'archivio storico dell'I.d'A. e abiti di Poppy Moreni, stesso orario e ingresso gratuito. Museo Tessile: domenica ore 15,00-19,00. Info: 011-9424675, 011-9424818 - comunedichieri.cultura tin.it - www.comunechieri.to.it |