La stoffa del pittore
Semeraro e Risaliti alla SeeberFirenze. La storica Libreria Seeber, sta sgomberando per cedere il posto a' modaioli, che occupano ormai tutta via Tornabuoni. Le boutique di firma scacciano da qui ogni altra attività, più o meno culturale ma sempre stuzzicante e ormai tradizionale, come certi panini tartufati del bar lì di fianco: via anche questi, fra poco. Così il centro storico tornerà incontastato dominio di mercanti di stoffe, i quali lo resero già celebre e ricco, vari secoli addietro... In attesa dello storico sgombero, un critico d'arte, nativo dell'altra città dei panni, che è Prato, presenta da Seeber il libro di uno studioso dell'arte suo concittadino.
Il critico, Sergio Risaliti, confessa di aver cominciato ad amare i colori non sulle tele dei quadri ma in quelle delle stoffe, che lo circondavano fin dall'infanzia. Poi si iscrisse a Storia dell'Arte insieme con Giandomenico Semeraro, oggi autore del libro. Furono allora entambi costretti a lunghi e tediosi studi sul panneggio in pittura, quale indizio cruciale per l'attribuzione dei dipinti a questo o a quel pittore. Infine divennero, il primo, curatore di mostre e, il secondo, professore di storia dell'arte. Oggi il primo presenta un libro del secondo, che storicizza certi rapporti tra stoffa e pittura.
Pare dunque che la storia sia questa: la stoffa è sempre stata, quando non addirittura un soggetto, certamente un tema e un oggetto per la pittura... a parte l'ovvio caso del nudo, quando non sia sdraiato sopra un letto. Poi arriva l'arte contemporanea che, bontà sua, sacralizza ogni materiale, comprese le stoffe: i sacchi di Burri, i feltri di Beuys, le gigantesche fodere di Christo e via incollando, assemblando installando e performando... Concludendo, la stoffa rappresentata o materialmente presente nel lavoro dell'artista,
Purtroppo non ho ancora letto il libro ma, se ho ben capito dall'introduzione, sostiene una tesi di validità universale. Posso infatti sostituirvi "stoffa" con qualsiasi altro termine in vocabolario e la verità non ne soffre. Per esempio: "rosa", dalla natura morta alla rosa viva di Beuys, "cavallo", dal dipinto di Paolo Uccello all'in-stallato da Kounellis... con relativo letame, eventualmente per la Rosa di Beuys, per il quale Kunst ist Dung: "L'arte è concime". Volentieri, ma che sia davvero fertile, questa Merde d'Artiste, già inscatolata da Piero Manzoni. Il suicidio manzoniano però non lo conferma.
Comunque sia, certamente ogni artista può usare di tutto per veicolare effetti estetici e molteplici significati. Resta pur valida la critica di Amleto: "La terra contiene di più che non la filosofia" (o qui l'arte, nella fattispecie). Ogni materia contiene pur sempre certe forme e pensieri che eccedono la sovranità di ogni artista. Ciò è ancora più evidente quando una materia non è più puramente naturale ma invece è già artefatta o manufatta, cioè quando sia figlia di qualche dio minore, rispetto al creatore supremo quale vorrebbe essere l'artista. Che, bontà sua, oggi "sacralizza (ri-citando il Risaliti) persino le arti minori e l'artigianato". Nonostante tutta questa onnipotenza, resta il fatto che, in via Tornabuoni, scompaiono i libri e i panini al tartufo. Fanno largo sì a delle stoffe, queste però sono sacralizzate non già dagli artisti ma dai ben più potenti sacerdoti del denaro.
Tra città e libri delle stoffe, non poteva mancare tra il pubblico un tessitore, il quale domandò se il libro accennasse a un qualche rapporto più intrinseco tra le belle arti e la stoffa. Elencò, come esempi a sua conoscenza, gli Impressionisti, debitori del Chevreuil (tintore ai Gobelin) per quanto riguarda la teoria dei colori. Ricordò che Paul Klee collezionava Showa africani dei Kuba e ne riprendeva non pochi motivi. Citò l'Optical Art, che ricalca i moduli geometrici dei tessuti popolari ad opera. Chiese in sostanza se, oltre al generico debito verso la stoffa (tema o materia dell'opera d'arte), si potesse rintracciare nel libro qualche influenza delle strutture compositive del tessuto su quelle del dipinto.
L'Autore replicò con discreta ma accorata impertinenza, cioè con argomento non pertinente ma a lui probabilmente molto a cuore. Ovvero, si diffuse sull'abolizione delle cattedre di storia dell'arte nell'ultima riforma della scuola, criticando una recente dichiarazione del Sottosegretario Sgarbi: "Meno male! era una materia così noiosa!"
Di fronte a una replica del genere alla domanda del tessitore, personalmente mi sono trovato costretto ad essere d'accordo con un Sottosegretario...Giandomenico Semeraro:"Di stoffa in stoffa, tessuti dell'arte contemporanea. Da Albero Burri a Rosemarie Trocker". EDIFIR-Edizioni, Firenze. L. 40.000.
Il libro è molto bello a sfogliarsi perché mostra belle immagini di stoffe nei dipinti attraverso i secoli. Tra gli Affreschi senesi del Buon Governo, si potrebbe osservare che "La bottega dei tessitori" è in realtà "dei cimatori". Già si è visto però, quanto l'arte della lana possa rientrare nella solita storia dell'arte. Compare però il "costume costruttivista" di Rodchenko. La sezione contemporanea (che intitola il libro) raccoglie opere di autori variamente celebri e variamente connessi alla stoffa. L'impressione è che siano selezionati in vista di una eventuale mostra tematica, con le sue dinamiche curatoriali. Come mostra e catalogo, più che pregevoli.Wm Gi, 18 feb 2002