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KENTE / KETEH
AFRO<>telaio

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Piedi che aprono
mani che battono / 1
il tessuto secondo gli Ewe /

    • 1.1
      I tessuti tipici della nazione africana degli Ewe sono accomunati sotto il nome "kete" che, letteralmente, significa "Apri e batti". Questa formula gestuale riassume certe azioni, che sono implicite in un tipico telaio per tessitura. Tale arnese è chiamato da molti "telaio africano" e qui, per brevità:, "afro-telaio"... ma l'Africa è un immenso continente, dalle infinite lingue e tessiture. L'arte leggera della tessitura qui trova molti climi ideali. Qui non fioriscono le pesanti arti della pietra, non c'è ingombro di palazzi, monumenti e cattedrali. Ma anche se non abita le pietre, l'arte non è assente dall'Africa. Leggermente si installa, nei corpi o sui corpi, ma sempre vicino... senza perdersi nessuno dei suoi spiriti. Pur se lieve e danzante, ogni arte africana non va presa affatto alla leggera.
    • 1.2
      Strumento di quest'arte leggera, l'afro-telaio è dunque rispettabile, quanto un qualsiasi pianoforte o pennello. E' pure umanamente più completo, perché coinvolge, 2 mani e 2 piedi, il suo artista. Perciò, questo gesto totale del tessere eccede ogni atto parziale del suonare o dipingere. Il tessitore è gestualmente un gemello di chi danza e perciò, come ogni serio danzatore, incarna un qualche spirito divino. Allora ci si imbatte in certe antiche analogie e ci si apre a nuove differenze, spontaneamente e senza alcuna enfasi. La tessitura è un'arte leggera: lascia tracce minime e indelebili.
    • 1.3
      Per quanto riguarda la mia competenza: sono solo un tessitore europeo, senza alcuna istruzione europea di tessuti. Dopo oltre un ventennio di pratica in Europa (inclusa l'India per i teli di Madras), sono stato infine iniziato all'afro-telaio tradizionale da alcuni tessitori Ewe (Anlo), stanziati a Klikor (Ghana), nei pressi di Agbozume, mercato internazionale dei tessuti. Il mio telaio (agbati) fu piantato e inaugurato precisamente a Klikor, nella corte del Blakhud Research Center, centro studi su cultura e civiltà dell'Africa Nera. Dale Massiasta, il Direttore di Blakhud, mi ha pure fornito (oltre a un'infinità di insegnamenti) ogni definizione ed etimo dei termini tessili in lingua Ewe.
    • 1.4
      Nella comunità Ewe di Klikor, la cultura e le istituzioni tradizionali sono vivacissime. Tra le arti praticate, importantissima è la tessitura che è, di regola, insegnata ad ogni fanciullo, ai maschi tradizionalmente ma eventualmente, anche alle bambine. Nel suo aspetto economico, la tessitura è considerata come il primo lavoro serio che ogni adolescente può intraprendere da solo: richiede un minimo di apparecchiatura e di investimento nei filati. Anche se la tessitura non sempre diviene una professione stabile ed esclusiva, l'educazione tessile è praticamente universale. Questo ha favorito l'assoluta libertà compositiva che caratterizza l'arte tessile di tutti gli Ewe, un popolo di circa 6 milioni, stanziati in un area che attraversa le frontiere tra il Ghana, il Togo e il Benin. Inoltre tra gli Ewe, non c'è classe aristocratica che li abbia sottoposti a rigidi canoni di abbigliamento, come capita invece agli
      Ashanti, i loro vicini dall'illustre monarchia. I tessuti Ashanti, i pregiatissimi kente, sono molto più celebri , studiati e collezionati. E' il consueto privilegio delle arti di corte... ma per forza sono meno originali del più umile kete, la stoffa degli Ewe. I quali, comunque, per soddisfare un più ampio mercato, tessono pure dell'ottimo kente ma non amano includerlo nei proprii corredi...
    • 1.5
      Quell'arnese che qui (con imprecisa concisione) viene chiamato "afro-telaio", potrà apparire familiare a chi abbia una qualche confidenza con i nostri "vecchi telai" o "telai d'una volta", cioè con il classico arnese a pedali che funziona nella tessitura rustica europea. Quest'altro arnese qui si chiama"euro-telaio", con altrettanto concisa imprecisione, perché la cultura dell'euro-telaio ha incluso le Americhe e inoltre, onestamente, il modello proviene dall'Oriente... Non c'è invece, alcuna prova che l'afro-telaio abbia un identica origine orientale. Al contrario, gli storici gli attribuiscono uno sviluppo assolutamente indipendente. (nota 1)
      Comunque sia, così nell'euro-telaio come nell'afro-telaio, i piedi si muovono aprendo l'ordito e le mani si muovono battendo le trame. Oltre a queste dinamiche corporee, molti elementi meccanici si corrispondono: licci a spago (no) su carrucola (kekevi), pettine di canna sospeso (exa), navette (evu) a cannelle (vumedi), subbio girevole (avokpo o kabatse) frenato da una leva (avotroga). Molto legno, qualche spago e pochissimo ferro, tutto (o quasi) è incastellato in una struttura di travi a quattro montanti.
    • 1.6
      Dove sta la differenza? La più macroscopica è che l'afro-telaio è in genere più piccolo e, soprattutto, le sue stoffe sono molto più strette: una dozzina di centimetri.Sembra allora logico affermare che l'afro-telaio sia meno "produttivo" cioè che (a parità di tempo-investimento) produrrebbe meno stoffa dell'euro-telaio (il quale è, d'altra parte, ampiamente superato dai modelli industriali). Questa è una logica che presuppone un generico "tessuto equivalente", da prodursi in quantità perché universalmente necessario, altrettanto necessario che un generico cibo, quantificabile nei suoi equivalenti proteici, calorici ecc... Ciò presupposto, è facile dedurne che l'afro-telaio è meno "sviluppato" o più "primitivo". In effetti, i più vari missionari si sono già impegnati a "sviluppare" l'arte tessile africana importando euro-telai (che altrove, in Indoamerica, sono appunto chiamati "telai coloniali"...)
    • 1.7
      Nonostante ogni sforzo missionario, i tessuti di questi euro-telai non oltrepassano un ristretto mercato turistico o "beneficente", mentre invece, i tessuti dell'afro-telaio formano ancora un corredo indispensabile dall'Africa occidentale al continente afro-americano. Già da ciò si può intuire che la vera differenza non sta in quantità produttive ma in qualità culturali. Se la cultura che si esprime i queste strisce ristrette e assemblate non è traducibile in stoffe più larghe, allora non dobbiamo ricercarla in qualche generico pattern astratto ma potremo piuttosto rintracciarla nelle concrete dinamiche compositive, che sono peculiari allo strumento "afro-telaio".

Luciano Ghersi
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    • 1 - Karl-Ferdinand Schaedler The treadle loom and origins of Weaving in Africa South or Sahara in Die Weberei in Afrika südlich der Sahara, Panterra V. 1987. (torna su)
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