intervista a Chris Carlsson,
"fondatore" di Critical Mass
by C.I.A. (Cycling Intelligence Agency)
Wednesday August 14, 2002 at 11:07 AM
Animazione da:
http://bike.jinbo.net
A
settembre il movimento festeggerà i dieci anni dalla nascita
LUCA FAZIO Con quella scritta sulla maglietta da battaglia -
one car less (un'auto di meno) - Chris Carlsson, 45 anni, ha
tutta l'aria di un professore di Berkley in vacanza. E' scrittore,
editore, produttore e designer multimediale, da venti anni factotum
del movimento californiano. Dieci anni fa ha avuto un'idea geniale
che sta facendo il giro del mondo.
«Stavo
pedalando quando mi è venuto in mente che sarebbe stato
bello formare una massa compatta di ciclisti in grado di conquistarsi
uno spazio di libertà nelle strade di San Francisco».
La sua
idea si chiama critical mass, è diventata un movimento
senza capo ne coda che ha cambiato la storia sociale della bicicletta
spingendo migliaia di anarco-ciclisti a formare grumi di resistenza
nel traffico per contrastare un sistema che si regge sul dominio
segregante dell'automobile (e per divertirsi). E' tutto scritto
nel libro che Chris Carlsson ha curato e che presto potrebbe
essere tradotto anche in italiano, Critical mass. Bicycling's defiant celebration. Le masse critiche
oggi si ritrovano in centinaia di città nel mondo (180
negli Usa, 111 in Europa) e anche i ciclisti critici nostrani
si sono mossi per dire Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo
il traffico. E siccome il decennale di critical mass è
alle porte - festa a San Francisco, 27 settembre 2002 - ovunque
fervono i preparativi per rispondere con una pedalata all'invivibilità
del modello urbano contemporaneo.
Torniamo al
1992
A San Francisco
per le biciclette è sempre stata piuttosto dura. Negli
Stati uniti, anche se per legge le biciclette hanno tutto il
diritto di circolare, l'automobile è sacra. L'impianto
stradale di San Francisco è stato concepito solo per le
automobili e fino a dieci anni fa poche persone avevano il coraggio
di scendere dall'auto per salire su una bicicletta. Se pedalavi,
rischiavi di finire per terra fuori strada. I ciclisti prima
di critical mass erano degli individui che passavano nella stessa
strada senza conoscersi e senza entrare mai in contatto tra loro.
Poi, una scelta individuale considerata stravagante si è
trasformata in una svolta collettiva per la conquista di uno
spazio di libertà. Una specie di zerocrazia dove ognuno
fa quello che gli pare, nel gruppo si chiacchiera, si stringono
amicizie, ognuno è libero di prendere l'iniziativa.
Come è
andata la prima volta?
Dopo cinque
o sei mesi di interminabili discussioni, ho proposto di incontrarci
una volta al mese per organizzare una sorta di coincidenza collettiva.
Per due settimane ho girato San Francisco mettendo un volantino
su ogni bicicletta. Alla fine, era il 25 settembre del 1992,
un venerdì, ci siamo trovati in un punto preciso alle
18 del pomeriggio - in Market Street - perché volevamo
riunirci tutti insieme per tornare a casa dal lavoro in bicicletta,
come una massa compatta che le automobili non avrebbero potuto
fare a meno di superare. Avevamo intenzione di chiamare tutto
questo Grumo del Pendolarismo, come un blocco nelle vene che
fa saltare il sistema circolatorio, poi abbiamo scelto Critical
Mass.
E' filato tutto
liscio?
Le prime volte
eravamo come invisibili, circa 45 biciclette, la gente ci salutava
sorridendo come si sorride a una comitiva che va a farsi una
scampagnata. Fin da subito la piccola massa critica ha espresso
una contraddizione: c'erano ciclisti che non vedevano l'ora di
bloccare il traffico e fare casino con gli automobilisti perché
li consideravano avversari, altri invece, la maggioranza, cercavano
di farseli alleati: scendete dall'automobile, gridavano. Il nostro
slogan era: «Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo
il traffico». E' stato subito un successo, perché
non si trattava di una manifestazione per conquistare qualcosa
in futuro ma di una cosa bella da vivere nell'immediato, era
come se si fosse concretizzata la possibilità di crearsi
uno spazio dove sperimentare un mondo migliore da vivere subito.
Le prime volte arrivava gente che ci portava fiori e noi li gettavamo
agli automobilisti.
Possibile che
nessuno ce l'avesse con voi?
Beh, quando
siamo diventati un migliaio il traffico di San Francisco si è
bloccato completamente. La polizia non sapeva come comportarsi,
arrivava e cercava di individuare chi avesse organizzato la manifestazione,
voleva parlare con il "leader", chiedevano se era un
appuntamento politico o sportivo. Facevano multe a caso, 50 o
200 dollari, per esempio se un ciclista passava col rosso, ma
non ha funzionato: presentavamo ricorso in tribunale, poi è
bastato rispettare le regole del traffico per farli impazzire.
Un venerdì
però è finita male...
Nel luglio del
1997 il sindaco di San Francisco si era messo in testa di sradicare
critical mass. Voleva aprire una trattativa e si affannava a
cercare un leader per raggiungere un ragionevole compromesso.
Insomma, voleva stabilire una specie di percorso protetto per
trasformare il tutto in un'insipida parata ecologica. A dire
il vero, qualche leader improvvisato è andato a trattare,
ma critical mass non ha mai risposto ad alcun leader e il tentativo
del sindaco è fallito. Quel giorno il sindaco si è
presentato all'appuntamento per augurarci buon divertimento,
ma ha raccolto solo una tremenda bordata di fischi. La polizia
era già piuttosto nervosa. Al primo tentativo di blocco,
più di 7 mila ciclisti si sono sparpagliati come uno sciame
per tutta la città bloccandola completamente. Non sapevano
più cosa fare. Gli elicotteri volteggiavano in cielo senza
sapere dove andare, sono arrivati i poliziotti con i caschi anti-sommossa
e hanno inutilmente cercato di costruire una diga per bloccare
la massa critica. Alla fine, sono riusciti a imbottigliare un
centinaio di ciclisti, prima li hanno pestati per bene e poi
li hanno arrestati: a ripensarci adesso fa anche un po' ridere
vedere un cop tutto bardato che manganella una povera ciclista,
ci sono le foto...
Adesso il venerdì
è tutto ok?
I poliziotti
hanno imparato che non possono controllare critical mass, hanno
anche imparato che devono stare alla larga. Ci tollerano. Ormai
siamo circa 7-800 ciclisti fedeli e un venerdì al mese
San Francisco ha lo stesso "problema".
Ma essere ignorati
non può anche significare che la massa critica è
stata assorbita e quindi disinnescata? Insomma, la mancanza di
conflitto non rischia di fiaccare i movimenti?
La storia non
finisce mai. E' proprio in quel momento che si può portare
un'esperienza a un altro livello: perché se veniamo lasciati
soli siamo davvero liberi di rendere le nostre iniziative più
interessanti, il difficile è che a questo punto tocca
a noi. Quando il conflitto rientra, siamo gli unici responsabili
dello spazio che ci siamo guadagnati.
Dopo dieci anni,
quali risultati concreti avete ottenuto?
Molti. Intanto
la città è cambiata radicalmente: basta pensare
che dal 1992 a San Francisco ci sono in circolazione il 700%
di biciclette in più. Oggi finalmente la bicicletta esiste
nella testa della gente, anche se è difficile misurare
il grado di consapevolezza delle persone sulla reale portata
politica di questo cambiamento. Sono convinto che chi ha partecipato
a critical mass è cambiato, perché la gente, anche
persone che con la politica non avevano niente a che fare, ha
sperimentato per una volta che si può essere protagonisti
di un cambiamento, anche se piccolo.
Davvero non
c'è niente che non abbia funzionato?
Mi sarebbe piaciuto
che lo spirito situazionista di critical mass avesse contagiato
altri punti di rottura del sistema dove stanno nascendo i conflitti.
Invece non è così.
Perché
proprio attraverso la bicicletta è stato possibile aggregare
una massa inedita capace di porre con forza una questione fondamentalmente
politica? Quanto conta il mezzo?
In una società
dove il capitalismo governa tutto e lo scontro di classe, incredibilmente,
sembra superato - in America tutti sgobbano ma si credono potenziali
milionari... - credo che nel trasporto ci sia ancora un piccolo
spazio per sottrarsi alla strategia del controllo: staccarsi
dal volante dell'automobile. Magari lo fai anche perché
sei spinto da alcuni principi anti-sistema, ma il fatto è
che appena pedali stai bene perché realizzi subito alcuni
tuoi bisogni. Salire in bici è un modo immediato per disertare
un mondo atomizzato realizzando subito qualcosa di diverso.
Il problema
è come tradurre una scelta individuale in una azione politica.
Per molti la
forma più normale di resistenza alle forze economiche
più deteriori è il sabotaggio, l'attacco frontale,
l'azione collettiva. Io personalmente sono molto più individualista.
Se qualcosa nei meccanismi che regolano la società non
mi piace, semplicemente dico «ciao, io me ne vado».
Per molti della mia generazione la forma più normale di
opposizione è la diserzione. Non mi piace stare fermo
in coda col culo incollato al sedile? Mollo l'auto e mi diverto
molto di più. Il problema però è che le
scelte individuali sono poco visibili, poco politiche. Noi disertori
dobbiamo metterci insieme in gruppi temporanei e far vedere agli
altri quanto si viva meglio da disertori, in un'azione di comunicazione
in positivo, da individuo a individuo. Credo che questo sia il
significato di critical mass.
Immagino che
attorno alla massa critica sarà fiorito un marketing molto
insidioso. Siete di moda?
In America si
vende tutto e ce l'aspettavamo, eppure non è successo.
Siamo sempre stati tutti d'accordo nel non voler commercializzare
questo spazio libero, sottrarsi al consumo è un altro
modo per disertare questo tipo di mondo.
A Milano ho
visto una bici in vetrina, mi ha colpito l'estetica aggressiva
del modello e il fatto che venisse pubblicizzata con lo slogan
"illegal bike". Forse il mercato ha già inventato
il prodotto giusto per il ciclista critico?
Non penso che
si siano ispirati a noi. Nelle città americane ci sono
i "messangers", quelli che voi chiamate pony express.
Forse quella bicicletta riprende l'estetica dei ciclisti-postini.
Sono molto aggressivi e spericolati, fanno i duri, hanno i polpacci
tatuati...anche loro vengono con noi il venerdì sera ma
si annoiano subito se non ci sono scontri con la polizia. In
America c'è una vera sub-cultura dei ciclisti machos,
organizzano bike-rodeos, gare a lancia in resta, ci sono anche
bici con razzetti sputa fuoco...
Un consiglio
per le neonate masse critiche italiane
Concentratevi
sul piacere e divertitevi: critical mass serve a dire che non
bisogna aver paura di abbassare lo standard di vita. Si può
vivere bene anche guadagnando meno, spendendo meno, lavorando
meno. L'auto è una macchina che succhia energie, soldi,
tempo. La sua funzionalità è sopravvalutata, la
verità è che le auto servono a far girare soldi
e produrre posti di lavoro. Anche l'industria bellica crea lavoro,
ma questo non vuol dire che vada difesa.