Edoardo Lorenzini era uno degli ultimi mastri artigiani di Arcidosso. Quando morì, il 20 di febbraio del 1957, aveva 84 anni e aveva lavorato fino all'ultimo. Così la sua tela rimase interrotta sopra il telaio: gli mancavano solo più 30 centimetri, per finire di tessere a mano la grande coperta matrimoniale.
A quell'epoca, "matrimoniale" non voleva dire soltanto coperta a due piazze. C'era tutta un'altra cultura: di doti, di corredi, di doni messi in circolazione dentro a un ricco tessuto di alleanze familiari.
Era una cultura forse primitiva ma certamente non priva di raffinatissime complicazioni. Tutte cose che ormai succedono solamente nel terzo mondo. Qui da noi è già tanto se ancora sopravvive il listino dei regali compilati dagli sposi. Come si dice: il progresso. Tutto molto più pratico.
Fatto sta, che qui ad Arcidosso, quasi tutti nascevano, poppavano, si accoppiavano, dormivano, si risvegliavano, si ammalavano e infine morivano (possibilmente) nel proprio letto. Sul loro letto, per via di dono o eredità, c'era sempre questa certa coperta, inconfondibile.
Tutta questa storia mi sembra un fatto culturale, forse non dovrebbe interessarmi. Perché non sono nato qui ad Arcidosso ma in un altro paese più lontano. Tra l'altro, da noi si faceva già differente, poi nacqui proprio intorno a quell'anno che morì Lorenzini.
In un certo senso, ciò che questa coperta può raccontare a chi c'è nato (o ai figli e nipoti di chi c'è nato) non sono fatti miei. Però potrei dire che la sua storia mi ricorda altre storie di altri paesi: quello che cambia è solo il disegno. Allora leggiamo un po' il disegno, cosa che un tempo tutti sapevano fare. Non c'era mica bisogno di andare a scuola: la scuola era già quella del disegno.
Questa coperta ha un disegno grande come una mezza cartolina, simmetrico rispetto a gli assi coordinati (verticale e orizzontale). Il disegno cioè, si rispecchia dall'alto in basso e da destra a sinistra. Crocifigge nell'incrocio dei fili un intrico di spire assai complicato, forse un diagramma da meditare, un archivio semantico evoluto nel tempo. Anche se la mente non avesse mai contemplato il disegno, l'occhio glielo farà assorbire inconsciamente. Non è un fatto culturale anche questo?
Tutto intorno, il disegno si ripete identico per ogni cartolina contigua. Però la percezione del disegno nella sua singolarità particolare, (facilmente esperibile quando si giace nel letto) raccoglie informazioni completamente diverse da quelle captate a distanza (quando si è fuori dal letto, in qualche punto della camera).
Una volta distanti dal letto, allora si percepisce tutta una griglia monocroma, arabescata su fondo bianco, che in qualche esemplare di coperta può essere striata in grandi 'righe'. L'effetto ottico è notevole, può catturare in modo vertiginoso.
Fin qui s'è detto dell'occhio. Ma il disegno offre anche una percezione tattile perché è in rilievo. Sicché il disegno può funzionare anche al buio (forse perché, a letto, molto spesso non c'è luce). Toccando questo rilievo, non si percepisce soltanto il lavoro artistico del tessitore, perché il disegno è costruito appunto con la lana. Filata con il fuso da qualcuno, prima tosata da qualcun altro e sempre lana di pecore del posto.
Si potrebbe continuare il racconto, farne tutto un libro di storia, perché la coperta riassume un mondo di tecniche, di materiali, di legami sociali e familiari. In questo mondo c'era una montagna, abitata da pecore e uomini, Gli uomini fecero nel posto giusto il loro borgo di pietra, con anche un castello. Nel borgo c'era la bottega del tessitore, nella bottega il telaio, nel telaio la coperta. La coperta di Arcidosso.Dal 1957, la coperta incompiuta di Edoardo Lorenzini è rimasta sopra quel telaio, tra ragnatele, polvere, tarme, accidenti dell'umido e dei topi. Il telaio è un attrezzo leonardesco, enorme, di un legno che già piace ai tarli.
novembre 1995
Storie intorno a IL COLOSSO DI ARCIDOSSO
La Sciarpa del Colosso
Il "poro" Enea
Scoperto un antico telaio ad Arcidosso
Restauro del tessuto culturale...
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