Philippe
da Velò
La poesia nelle
strade
su una bici di peluche
Si chiama
Bicichiotta, è
una bici di pelouche e porta nel traffico la tenerezza. Tenerezza
che è davvero necessaria, nei rapporti carrozzati/corazzati
tra gli esseri urbani nella giungla del traffico. Bicichiotta
sviluppa così la classica equazione delle masse critiche: "+bici -auto, +baci e +felici".
Quest'opera di Anonimo Autore, fu realizzata recentemente grazie
all'incontro fortuito tra due recuperi e due laboratori di non
arte.
Primo recupero: una bici rifiutata e abbandonata
ai cassonetti dell'indifferenza. Quella povera bici randagia,
riceve soccorso da una Samaritana. Questa la affida a Brugola Rossa": una di quelle ciclofficine
dove le bici morte risorgono, grazie a' beati ricostruttori di
bici. Che le spacceranno al popolo, per disintossicarlo dall'automobile:
oppio dei popoli e moderna religione. Cosi pure, quel biciclo
randagio rinacque e come tutti, rivenne al mondo nudo, senza
nemmeno l'idea di un pelouche.
Il secondo
recupero consiste
negli orli (o cimose) di un corrente tessuto industriale. L'industria
tessile, automaticamente, taglia via le cimose dai rotoli di
stoffe che produce. Tali scarti sono delle lunghe strisce, sottili
e pelose, e destinate (come le vecchie bici) all'indifferenza
dei cassonetti. Ma anche qui, come ovunque, il riscatto è
possibile. Infatti, un'altra Samaritana recupera dei sacchi di
cimose e li affida a "Tessere Liberi", laboratorio di tessitura
a mano e varie arti tessili, che sta dirimpetto a Brugola Rossa,
dove è appena risorta quella bici.
Per la storia e per la geografia: ci si trova al CPA Firenze-Sud.
Con pura
arte tessile (senza
dire Fiber Art: cioè senza colle o altri espedienti adesivi),
le cimose di recupro sono strettamente avvolte e infine, annodate
attorno a ogni membro della bici risorta (a parte le eccezioni
indevitabili dei mozzi di ruota, gomme, trasmissioni e ganasce
di freno). Così nacque Bicichiotta, la bici di pelouche,
"bella come l'incontro casuale di una macchina da cucire
e di un ombrello su un tavolo operatorio". E qui si
cita apposta Lautréamont: per fare i conti con l'arte
Surrealista.
Surrealmente, la bici di pelouche può rammentarci la
"Colazione in Pelliccia" di Meret Oppeheim, consistente
in una tazza da caffè tappezzata di pelliccia, provvista
di piattino e cucchiaino, parimenti impellicciati. Fu sempre
assurdo prendere un caffè in questa celebre opera d'arte,
ancor prima che venisse internata in Museo. Ma dopo settant'anni
precisi (dal 1936), persino l'arte può aver fatto della
strada... soprattutto, in bicicletta.
Intatti,
la moderna Bici di Pelouche rischia sempre di essere internata
in Museo ma, nel frattempo è perfettamente cinetica e performativa: è fatta apposta per circolare
e portarci roba sul portapacchi. E' pure provvista di sonagliere
che ne segnalano l'avvicinarsi. Inoltre, come ogni altro veicolo,
Bicichiotta è un manufatto di costume. Perciò,
è fatta apposta per ostentare nel traffico, non il prestigio
sociale del conducente ma la sua tenerissima carrozzeria: per
la gioia di grandi e piccini, per l'educazione artistica di massa
(critica), per la rivoluzione non motorizzata. Che è già
cominciata... e chi non s'è nè accorto?
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