da: Il Giardino di Daniel Spoerri
a cura di A. Mazzanti, editori
Maschietto & Musolino, Firenze 1998-1999, ISBN 88-87700-03-06
"Io sono un
tessitore,
perciò parlerò innanzitutto delle tappezzerie di queste Poltrone,
anche se poi ho dovuto inventarmi il telaio della sedia. Ho cominciato
a tessere il filo spinato nel 1985: un lavoro
che fu rifiutato dalla 12e Biennale Internationale de la
Tapisserie de Lausanne.
Dal mio punto di vista, il significato fondamentale di questi
lavori è che il filo spinato è realmente un filo, che viene realmente tessuto
con un vero telaio. Comunque sia, rileggendo il mio testo di allora
per quella Biennale, ci trovo delle singolari analogie
col lavoro di Daniel, che all'epoca non conoscevo affatto. Leggo
infatti: "E' nella sua sacralizzante ascensione al
muro, che il tappeto si trova, contemporaneamente, crocifisso alla pittura". Cioè diventa un arazzo, un'opera d'arte e
non più un arredo quotidiano: più o meno come una
tavola imbandita, se messa in verticale, diventa tableau-piège.
Quel tappeto spinoso della Biennale
però, restava in terra, ma era ovviamente incalpestabile,
inutile, e perciò: opera d'arte. Non ho inventato io tutte
queste distinzioni, mi limito a constatarle in tutta la loro comicità.
Nel 1998 ho poi realizzato Spinosa
(che in Toscana significa "Istrice") per la mostra
di Leumann a Torino, che aveva per tema la sedia del tessitore.
Ho strappato via i teli ad una poltroncina pieghevole da regista
e li ho sostituiti con un mio vecchio lavoro in filo spinato (Spinato, 1987). Ho dovuto
tagliarlo in due con le cesoie e mi sono fatto anche male. Ma
gli artisti devono soffrire, altrimenti non vale. Siccome aveva un ordito in filo
di cotone, la poltrona Spinosa era realmente pieghevole,
fu molto comodo trasportarla a quella mostra. Quando Daniel l'ha
vista, ne ha voluto una anche per il Giardino: c'erano già
i Divani d'erba ma mancavano le poltrone. Daniel
mi ha suggerito di ispirarmi alla poltrona rinascimentale dove
lui fa sedere un pupazzo di Eva Aeppli. Proviene dalla sala del
Consiglio dell'Accademia
di Belle Arti di Monaco. Chissà,
forse quello per lui era un seggio
spinoso.
Così ho disegnato uno scheletro di poltrona stile Rinascimento
e l'ho fatto realizzare in tubolare quadro dal fabbro Magliacani. Le palle d'ottone
le ha volute Daniel che ha poi preso il premio dei Marrone d'Oro
(a Casteldelpiano).
Siccome le poltrone dovevano stare all'aperto, dovevano essere
interamente tessute coi filo di ferro: il cotone sarebbe marcito.
Allora ho dovuto adattare un telaio sardo per tappeti per poterci
tirare un ordito di fili di ferro. Ho risolto ogni problema con
dei rastrelli da giardinaggio. La trama, come al solito, è
in filo spinato; se si guarda bene ognuna delle tre poltrone ha
un segno diverso nella tappezzeria, Altrimenti, sai la noia di tesserle...
Il titolo originario dell'opera era Il
Ritrovo dei Fachiri ma, quando sono andato in officina
dal fabbro per montare le mie tappezzerie sulle poltrone, il Magliacani
ha subito detto: "'Na poltrona così ci vorrebbe ai nostri politici!"
Così mi ha suggerito un nuovo titolo: Poltrone
del Buon Governo, che sarà anarchico ma anche si
rifà a quel famoso
ciclo di affreschi ne Vecchio Municipio
di Siena. In tedesco però è intraducibile, perciò
ho pensato di,lasciare anche il titolo precedente.
Molti visitatori dei Giardino si fanno una foto ricordo
seduti sulle Poltrone del Buon Governo. Si vede che il
potere ha sempre un suo fascino, nonostante tutto..."
Il telaio usato per tessere le Poltrone
è custodito in Museoaperto
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