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Tessere e Filare Miriam Alessandrina, dic.2002

 

 
Tessere e Filare in un Pendaglio in lamina di bronzo di significato rituale, trovato in una tomba femminile di alto rango, fine VII sec. a. C. Museo Archeologico di Bologna

Il mio interesse verso "il tessere e il filare" nasce dagli scritti di René Guénon sul simbolismo della tessitura e dal fatto che, secondo quanto raccontava in un suo breve articolo, i mestieri derivati da quest'arte erano serviti come supporto per un'iniziazione di tipo femminile (1). Navigando alla ricerca di tracce di studi su queste tradizioni e pratiche, ecco che appare "Tessimilia". Da uno scambio d'informazioni con Luciano Ghersi è nata l'idea di lanciare un messaggio per chiedere altri contributi su questo argomento: a quanto mi risulta, la relazione tra la tessitura/filatura con la sua accezione negativa, e la natura femminile, che è un aspetto simbolico importante, e le pratiche iniziatiche connesse a questo mestiere, non sono state sufficientemente studiate dal punto di vista tradizionale.

Guénon scriveva che il simbolismo della tessitura in Occidente "sembra riferirsi più che altro ai soli fili della trama, e il suo carattere "fatale" si può in effetti spiegare con l'assenza della nozione dell'ordito, vale a dire con il fatto che l'essere è considerato esclusivamente nel suo stato individuale, senza nessun intervento cosciente (per questo individuo) del suo principio personale trascendente. Tale interpretazione, è d'altronde giustificata dal modo in cui Platone considera l'asse verticale nel mito dell'Armeno Er (Repubblica, libro X): a suo dire, in effetti, l'asse luminoso del mondo è il "fuso della Necessità"; la Parca Cloto lo fa ruotare su se stesso con la mano destra, quindi da destra a sinistra, che è anche il senso più comune e più normale di rotazione dello swastica" (2). Il fuso di Ananke è messo in relazione con lo swastica e non con la "ruota" figura del continuo mutamento e quindi dell'intera creazione perchè la circonferenza che rappresenta il mondo manifestato qui è lasciata intendere, quindi indica l'azione del Principio Supremo nei confronti del mondo.

Platone nel mito di Er racconta che tre donne sedevano in cerchio, ciascuna su un trono: erano le sorelle di Ananke, le Moire. Lachesi cantava il passato, Cloto il presente, Atropo il futuro. Le anime si presentavano prima a Lachesi dalle cui ginocchia l'araldo aveva preso le sorti e vari tipi di vita scagliandole addosso a tutti i convenuti, ciascuno sceglieva quello che gli era caduto più vicino. Poi ci si dirigeva da Cloto che confermava sotto il giro del fuso il destino assegnato, toccava l'anima e, infine, la conduceva alla trama tessuta da Atropo che rendeva inalterabile il destino una volta filato (Repubblica X, 617-618). Una versione della loro nascita dice che furono generate dalla Notte e da Erebo (un luogo situato al centro della terra e comunicante con l'Ade); vivevano in una grotta del cielo, presso un candido lago alla luce della luna (Inni Orfici 59,2). La Pizia affermava che le Moire non erano figlie di Zeus, ma nate per partenogenesi dalla grande Dea Necessità, chiamata la possente Moira, alla quale tutti gli dei sono sottoposti. Ma si racconta anche che Apollo per far ottenere ad Admeto un destino diverso da quello degli altri mortali, ubriacò le Moire, riuscendo a confonderle.

Oltre alle Parche, sono tante le dee e le figure mitiche femminili, che si occupano della filatura/tessitura o che hanno come attributo il fuso. Tessere e filare erano simboli di divinità lunari, tutto ciò che accadeva sotto il loro dominio era sottoposto alle leggi del divenire, della morte, del cambiamento. Si racconta che Atena, inventò arti e tecniche sconosciute prima di lei, in particolare tutta l'arte della lana, filarla con il fuso e poi tesserla. A lei viene rivendicato il merito di aver aiutato e salvato molti eroi durante le loro imprese alla conquista dell'immortalità. Nell'Odissea, di cui è noto il carattere iniziatico del viaggio, è lei che favorisce il ritorno di Ulisse a Itaca; così come aiuterà Eracle nelle sue "fatiche", ed è grazie alla dea che entreranno nell'Ade e ne usciranno dopo aver portato a termine il loro compito. Quando i compagni di Ulisse si fermarono davanti alla casa della maga Circe, circondata da lupi e leoni addomesticati "che lei stregò, con funesti farmaci", videro la dea che "cantava e tesseva una grande e immortale tela, come sono il lavori delle dee, sottili e splendenti e graziosi" (Odissea, X, 213-222). Circe sta tessendo la "trama" ad Odisseo con la quale lo farà regredire ad animale, ma gli viene in aiuto Ermes, simbolo del "mondo intermedio", che gli indica come stabilire un patto con la dea; infatti si unirà a lei (il principio femminile), e proprio in virtù di questo "patto e unione" Circe, qui chiamata "dea luminosa", lo aiuterà nella sua discesa agli inferi.

Arianna a Cipro e a Delo era venerata come Arianna-Afrodite, quest'ultima era dea della vita e della morte. Mentre Teseo entrava nel labirinto per affrontare il Minotauro, Arianna tesseva e l'eroe "volgendo in gomitolo il filo che Arianna gli diede, poté con l'opera di lei guadagnare l'uscita che nessuno prima aveva trovato" (Ovidio, Metamorfosi 8, 173-174). Questa uscita dal labirinto, il cui percorso rappresenta lo "stato di erranza" dell'essere sulla terra e nel ciclo delle rinascite, è quella che va verso gli stati soprannaturali (3): Teseo, narrano i miti, era simile agli immortali.

I miti suggeriscono, attraverso la corrispondenza analogica, fondamento ed essenza stessa di ogni simbolismo, che la vita (tessere il filo) si forma da un principio femminile, la cui lunghezza ha un limite già deciso (Atropo lo recide), e la trama è la pluralità dei destini e la parte che ognuno è chiamato a compiere (la moira). Sia il destino sia la moira non vengono scelti in maniera cosciente, le anime infatti scelgono ciò che gli è caduto più vicino, a questo mito viene attribuito un'accezione negativa, fatale e necessaria perché le Moire sono potenze cupe e Ananke rappresenta la Necessità. Questo principio femminile che domina e organizza gli eventi ha i suoi ritmi e cicli: Penelope tesse la tela di giorno e di notte la disfa e il fuso gira su se stesso in circolo.

Anche nel folklore troviamo una moltiplicazione di mitiche figure femminili imparentate con la filatura. Sono figure con un carattere rituale, spesso immaginate maligne o vecchie, che compaiono in determinati periodi: comandano gli elementi, in particolare all'acqua e all'aria. Esse tutelano o spaventano le filatrici e puniscono quelle pigre. Anche qui è rilevante l'aspetto fatale della filatura: si credeva che esercitasse un'azione pericolosa quando veniva eseguita in determinati tempi e situazioni: bisognava filare in uno spazio di tempo limitato; era vietato filare sulle strade o portare scoperti i fusi per timore di danneggiare i raccolti. Oppure era vietato filare il giovedì, il venerdì e il sabato sera o l'ultimo giorno di Quaresima, che cade sempre di sabato (4).

Queste figure mitiche, con tutte le varianti europee, sono personificazioni di un aspetto della Natura, vista come il regno degli esseri generati e quindi destinati a morire. Sono figure che con differenti maschere uscivano dai loro regni sotterranei nel periodo di transizione tra il vecchio e il nuovo anno considerato come un rovesciamento dell'ordine consueto e seguito dall'irruzione del caos primordiale. Molte di queste figure apparivano durante le misteriose dodici notti che vanno da Natale all'Epifania, quando il sole inizia la sua lenta risalita. In quei giorni la presenza del divino si avvertiva più vicina, si raccontava che accadevano "prodigi", apparivano i morti, gli animali parlavano, i fiori sbocciavano sotto la neve. Gli innumerevoli riti, che si compivano durante i solstizi, rappresentavano la morte del vecchio anno che portava al suo interno i semi grazie ai quali la stessa figura (la Vecchia) sarebbe riapparsa nelle vesti di giovane. Immagini che ricordano il principio di Demetra e sua figlia Persefone.

Guénon sottolineava che "per comprendere in modo adeguato il significato di questo simbolismo, occorre anzitutto rilevare che l'ordito, formato dai fili tesi sul telaio, rappresenta l'elemento immutabile e principiale, mentre i fili della trama, che passano tra quelli dell'ordito in virtù del movimento della navetta, rappresentano l'elemento variabile e contingente. L'intersezione di questi due fili forma la croce. La linea verticale rappresenta il principio attivo o maschile (Purusha), e la linea orizzontale il principio passivo o femminile (Prakriti) "(5). Dunque la trama è l'insieme degli eventi che si producono in ciascun mondo per ogni essere e l'ordito è il suo principio trascendente, in quanto proiezione diretta del Sé principiale, ed è anche il legame tra tutti i mondi in cui si manifesterà. Secondo la dottrina indù, la prima di tutte le dualità cosmiche è Purusha l'essenza e Prakriti la sostanza, rispettivamente polo maschile e femminile dell'Essere stesso. Dall'influenza non agente dell'essenza sulla sostanza ha origine tutta la Manifestazione universale. L'acqua è ritenuta l'ambiente originario degli esseri: Prakriti è le Acque Primordiali, è Maya, "madre di tutte le forme", matrice (mater) dell'universo, quindi di tutti gli esseri che si manifestano nel samsara. "La vita e la morte sono prodotte entrambe da un potere unico nella sua essenza, ma duplice nella sua manifestazione"(6). E' possibile sfuggire alla "generazione" e "distruzione" cui tutti gli esseri sembrano "fatalmente" sottoposti. Uscire dal samsara è paragonato al mozzo della ruota di un carro, cioè a un asse fisso intorno al quale ha luogo la rotazione o il mutamento delle cose contingenti e corrisponde alla "porta assiale" del sole nel solstizio. Ritornare al Principio di tutte le cose, cioè a quel Uno che nella sua infinità non può essere caratterizzato da nessun attributo positivo, significa percorrere il cammino inverso a quello della manifestazione o delle nascite, significa "rinascere dall'Acqua": si nasce e si esce attraverso questo principio e sono molte le pratiche di liberazione legate alla Shakti (il principio femminile) del Dio. Atena, Arianna, Circe sono i differenti volti dello stesso principio femminile, visto non solo nella sua forma benefica. Nel Cristianesimo, c'è un parallelismo antitetico tra Eva, madre dei viventi e Maria, "Porta del cielo": si nasce attraverso Eva e ci si redime attraverso Maria colei che intercede per tutti, la Possibilità Universale; san Germano da Costantinopoli le parla così: "da te (Vergine) è fiorito l'albero della conoscenza della vita che dona l'immortalità".

I miti sono racconti simbolici incorporati e attualizzati nel rito. La domanda finale è: se il rito iniziatico era legato all'esercizio di un determinato mestiere inerente alla natura dell'individuo, che tipo d'iniziazione competeva alle donne, ovviamente qualificate per riceverlo, il cui mestiere era tessere e filare? Tra le grandi monache egiziane del periodo dei Padri della Chiesa, Alessandra "reclusa" chiudendosi al mondo per dieci anni si era portata solo la conocchia e una provvista di lino per filare. Forse il filare era il supporto alla sua meditazione. Ritornando all'inizio di queste pagine, rilancio la domanda: esistono studi con un punto di vista tradizionale su questo argomento? Conoscere anche un solo tassello dei misteri di lassù non significa forse riceverne una piccola influenza benefica?

Miriam Alessandrina

1 - Cfr. R. GUÉNON, Studi sulla Massoneria, Basaia Editore, Roma 1983, p. 92
2 - R. GUÉNON, Il Simbolismo della croce, Luni, Trento 1998 , p.105, nota 1
3 - Cfr. GUÉNON, Simboli della scienza sacra, Adelphi, Milano 1997, cap. 29
4 - Cfr. R. BATTAGLIA, La vecchia con il fuso in I giorni del magico, a cura di G.P.Gri - G.Valentinis, Gorizia 1998, pp. 116-132
5 - R. GUÉNON, op. cit., p. 100
6 - R. GUÉNON, op. cit., p.128


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